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Lettere d' amore per un figlio: educare con il cuore, non con il controllo.

  • Immagine del redattore: Federica Facchin
    Federica Facchin
  • 2 lug
  • Tempo di lettura: 2 min




Di fronte a un figlio che cresce, non servono comandi, servono ponti. E il primo mattone di quel ponte è l’amore incondizionato.


Viviamo in un’epoca iper-performante, in cui anche il rapporto genitore-figlio rischia di diventare un terreno di controllo, aspettative e giudizi. In questo contesto, il libro “Lettere d’amore per un figlio” di Stefano Rossi ci riporta con forza all’essenziale: educare significa amare, non plasmare.


L’educazione emotiva come base della crescita


Rossi ci accompagna in un viaggio fatto di lettere rivolte idealmente a un figlio – e a tutti i figli – per toccare i temi fondamentali della crescita psicologica: l’autostima, la fragilità, il coraggio, la tristezza, il conflitto, la libertà. Ogni lettera è una carezza pedagogica, ma anche una sfida agli adulti a mettersi in discussione.


L’autore ci ricorda che l’educazione non parte dalla testa, ma dal cuore. Per questo è fondamentale allenare la nostra capacità di ascolto empatico, la presenza autentica, e il rispetto dei tempi interiori dei figli.


> “Non chiederti chi vuoi che tuo figlio diventi. Chiediti invece: chi ha bisogno di essere, oggi, per sentirsi amato?”




Lasciare spazio all’imperfezione


Uno degli aspetti più preziosi del libro è la difesa della fragilità: figli imperfetti, genitori imperfetti. E va bene così. Anzi, è necessario. Perché è solo quando ci si sente accolti nella propria interezza – luci e ombre – che si può davvero crescere.


Nel linguaggio di Rossi si sente l’eco della psicologia umanistica, in particolare di Carl Rogers: accettazione incondizionata, autenticità e comprensione empatica sono le chiavi per un’educazione che cura, invece di ferire.


Non salvare, ma sostenere


Spesso, per amore, tendiamo a intervenire troppo: a correggere, a proteggere, a indirizzare. Ma come scrive Rossi, non dobbiamo essere salvatori, bensì compagni di viaggio. Il nostro compito non è evitare ai nostri figli la fatica, ma insegnargli a sostenerla. A farne qualcosa di loro.


Questo richiede un lavoro profondo su di sé. Perché per contenere l’emotività di un figlio, prima bisogna saper contenere la propria. La genitorialità, in fondo, è una forma di crescita parallela: mentre loro crescono, cresciamo anche noi.


Una nuova grammatica relazionale


Il libro di Rossi è, in fondo, una proposta di nuova grammatica educativa: meno centrata sulla performance e sul controllo, più fondata su connessione, dialogo e fiducia. Una grammatica dove le parole più importanti sono:


“Ti vedo”, invece di “Comportati bene”.


“Ci sono”, invece di “Non devi piangere”.


“Va bene anche così”, invece di “Devi essere il migliore”.



Conclusione: Educare è scrivere lettere d’amore ogni giorno


Le Lettere d’amore per un figlio non sono solo da leggere: sono da vivere. Ogni giorno, con ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo. Educare non è un atto di potere, ma un atto d’amore. E l’amore, come ci insegna Rossi, ha bisogno di tempo, ascolto e presenza.


Per questo, come psicologi, educatori o semplici genitori, dovremmo sempre chiederci: sto crescendo mio figlio per ciò che è, o per ciò che temo o desidero che diventi?


La risposta a questa domanda è il primo passo per educare con il cuore.






 
 
 

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